venerdì 26 dicembre 2008

Va' Dove Ti Porta Il Turbocompresso...

E' sempre bello conoscer l'Italia dal finestrino di un treno... Magari su una linea secondaria, come consigliava in un monologo il grande Marco Paolini.
Vi presento quindi questo mio breve testo, scritto direttamente in viaggio...

"E' l'alba nella bassa veronese.
Il cielo azzurro e terso, la luce calda, le prealpi venete che fanno da cornice a queste infinite distese di terra.
Ferrovia secondaria, "ferro 50", odore di nafta, fumo, chiazze di olio sparse sulle traversine. Nelle curve, immancabile, il "todescaden" della ruota che salta sulla giuntura delle rotaie.
"Biiiip - Psss", il blocco porte.
"Al blocco vai" urla il CT, assonnato, tornando in cabina.
"Pssss - Tsss" precise, come il fucile di un cecchino, le elettrovalvole comandano cambio e frizione.
Si alza in coro il canto dei due 14 litri FIAT, decisi, cattivi, come una squadra di rugby prima della finale mondiale.
Il turbosoffiante inizia a urlare e la lancetta del contagiri sembra essere inarrestabile.
Si guadagna velocità rapidamente, in un'orgia di fumo, sonorità e sprint.
Il paesaggio scorre via veloce dal finestrino mentre io sogno d'esser lì, al banco, a dirigere quest'incredibile orchestra chiamata 668."

Baschirotto Fabio

domenica 21 dicembre 2008

Sui vagoni ferroviari viaggiano le storie di tutti i giorni e le storie speciali. A volte i viaggiatori le vivono, a volte le ascoltano ed a volte le raccontano. Io vi racconto questa…

"Sono seduto da diverse ore su un treno. Attorno a me, fuori dal finestrino, si stagliano bellissime le Alpi, pronte all’abbraccio della prima neve , che arriverà di li a poche settimane.
Nelle mie orecchie David Gahn canta “Enjoy the Silence” e mi torna in mente il video in cui il vocalist dei Depeche Mode, vestito da Re, attraversa montagne innevate e spiagge incantate. Mi sento un pò come lui... anche io sto attraversando posti mozzafiato, suggestivi, mai visti prima e sono carico come un sovrano il giorno della sua incoronazione. Sono posti bellissimi, davvero, ma dannatamente lontani dalla mia placida Toscana.
Perchè sono qui? Per una ragazza. Banale? Forse. Anzi, sicuramente! Suvvia, non fate facili ironie su questo viaggio (chi ha pensato "Tira più un..." può anche smettere di leggere): lei è semplicemente splendida. E’ bella, intelligente e le ore di treno che faccio per andare da lei sono più che giustificate. La parte sentimentale ed irrazionale di me ha preso il sopravvento e mi ha reso capace di una "mattata" del genere.
Non manca molto ad arrivare a destinazione.
Durante tutto il viaggio mi sono chiesto se fossi realmente io il protagonista di questa storia, ma la fuga del paesaggio dietro al finestrino mi ha risposto sempre di sì, su questo treno che va a nord io ci sono davvero e mi sto godendo lo spettacolo dei treni SBB che mi sono sempre piaciuti particolarmente, tutti colorati, tutti diversi. Che belli!
Tra poco dovrò abbandonare questo serpentone metallico (leggasi "ETR470"), Basilea è sempre più vicina e tra breve sarà raggiunta.
Come rapidi uccelli molesti, uno stormo di pensieri cupi mi attraversa la mente: e se si fosse trattato tutto di uno scherzo, di una presa in giro? Se questa ragazza mi avesse ingannato alla grande, se non fosse di Basilea? Se non si presentasse alla stazione ed io restassi solo come un idiota in un paese straniero per tre giorni, spendendo fra l'altro una fraccata di soldi. In fondo sempre di donne stiamo parlando, eh, mica di creature razionali! Potrebbe essere il "pacco" più clamoroso di tutti i tempi. Dannazione, cattivissimi pensieri. Tutto questo mi fa accelerare il battito del cuore, già piuttosto accelerato di suo.
Il treno si è fermato.
Ci sono, sono a Basel SBB. Scendo dal mio Cisalpino, mando un messaggio ad "ella", le dico dove sono. Fa freddo a Basilea, piove e tira vento, quasi a sottolineare che i +34 C di ieri, di casa mia, sono davvero lontani. Ed in effetti sono a 675km più a sud…tanti.
Messaggio mandato e non arriva nessuno.
Lo stormo di brutti pensieri fa una stretta virata e torna a riempirmi il cervello. Ho freddo e rintano il capoccione nella mia felpa Napapijri mentre il traffico dei treni alle mie spalle procede incurante di tutto e di tutti. Mi guardo intorno, alla ricerca di qualcosa di familiare o perlomeno di confortante ma non c’è nulla: solo nubi in cielo e costruzioni austere tipiche “crucche”.
All’improvviso sento qualcuno correre verso di me, i passi veloci e leggeri che speravo tanto di sentire... mi volto e vengo travolto dal caldo e dolcissimo abbraccio di una ragazza bionda... è lei, è davvero lei, non era uno scherzo, lei è veramente tra le mie braccia e ora i nostri cuori intonano una sinfonia di battiti, selvaggia e bellissima, accompagnata dallo sferragliare di bordini e da annunci in tedesco. Il freddo sparisce in un attimo, i treni si allontanano discreti e le nuvole grigie sembrano ad un tratto meno scure e uggiose...

(omiss)

...le ultime ore insieme sono lunghe ma si tingono sempre più di tristezza. So già cosa succederà: il mio treno per tornare a casa arriverà come una sentenza inappellabile, una sentenza per due condannati.
E' forse la prima volta, in vita mia, che una stazione ferroviaria mi genera un senso di repulsione. Un treno, il mezzo di locomozione che ho sempre amato fin dalla culla, sta per disintegrare il momento perfetto. Lo sento quasi come un tradimento. Carogna, non ce l’hai un cuore, tu? Macchè, ed anche se ce lo avessi, sarebbe freddo come le lamiere di cui sei fatto.
Il treno per Milano arriva veloce, rallenta stridendo e si ferma… , purtroppo. Apre le porte pronto ad ingoiare me e tutti i miei ricordi recenti. Butto su le valige, ma io riscendo giù perché non posso rinunciare ad un ultimo, lunghissimo bacio. La gente ci guarda: qualcuno sembra intuire e forse un po’ si emoziona, altri scuotono la testa. Già, è la scena madre di qualche milione di film sentimentali. Un fischio netto e categorico: è Il capotreno che ha decretato la fine di tutto. Ecco, ci siamo. Devo andare. Salgo su. La guardo dal vestibolo con le mani nei capelli, tristissimo e senza più un briciolo di lucidità. Faccio "ciaociao" con la manina mentre il treno parte lentamente. La seguo con lo sguardo finchè posso. Arrivederci Bambolina mia.
120 secondi e realizzo cosa mi è successo negli ultimi tre giorni e cosa sta succedendo. Tutte le cose belle che fino a poco prima erano "presente" ora vengono ridenominate nella mia testa con la scritta "passato".
Tiro un respiro profondo e il fiato annega in una infantile ma insopprimibile voglia di piangere. In un attimo il mondo si sbriciola: non vedo più gli altri passeggeri, non vedo più i treni SBB. E' troppo. Batto la testa contro la parete del treno. Il capotreno passa, mi vede e mettendomi una mano sulla spalla mi fa “Tutto ok?” e io “No... proprio no”. Lui capisce, forse ha visto. Il suo “Coraggio, su!” mi ridona un minimo di lucidità, in fondo sono un uomo, piangere non serve e so che la rivedrò prima o poi. Con virile solidarietà, mi accompagna al mio posto. Grazie, molto gentile, probabilmente sarei rimasto dentro quel vestibolo fino a Chiasso. Fa un comprensivo cenno col capo e si allontana discreto. Una vigliacca lacrima rotola giù, vista da tutti i passeggeri di quella carrozza (dannato Bpm salone…), ma poi chiudo gli occhi e mi immergo "in stand by" nei miei pensieri d'oltralpe. Con una sola convinzione, allora come adesso: non sarà l'ultima volta."

Francesco Storai